Traumi e infortuni mortali sul lavoro: una storia vera
Gli infortuni mortali sul lavoro hanno un impatto psicologico drammatico sui lavoratori. In questo articolo parleremo dell’importanza di gestire il trauma dopo un incidente o un infortunio grave, attraverso un protocollo validato, per riuscire a elaborarlo.
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Lavorare in un ambiente sicuro è una priorità e una responsabilità del datore di lavoro. Nonostante i regolamenti esistenti e le misure di sicurezza, gli infortuni sul lavoro rimangono un rischio significativo. Le conseguenze di un incidente possono essere devastanti, dall’invalidità temporanea a quella permanente con tutti i residui psicologici del trauma, fino alla morte. Purtroppo, non c’è modo di prevedere o prevenire ogni singolo incidente.
La maggior parte delle aziende non sono preparate ad affrontare situazioni di emergenza e non dispongono di adeguate misure di sicurezza.
Infortuni sul lavoro: la situazione attuale in Italia
Gli incidenti sul posto di lavoro in Italia sono un problema preoccupante.
Negli ultimi anni, in Italia, è stato registrato un numero significativo di incidenti sul lavoro.
La maggior parte degli incidenti è avvenuta nei settori dell’edilizia, della manutenzione, dell’industria alimentare e dell’agricoltura.
Nel 2022, ci sono stati più incidenti ma meno decessi. Secondo i dati pubblicati da Inail, il numero di infortuni professionali provocati da incidenti sul lavoro è aumentato, del 25,7% rispetto al 2021.
L’Organizzazione Internazionale del Lavoro ha recentemente messo in luce che le imprese italiane sono meno attente alla sicurezza sul lavoro rispetto ad altre nazioni.
Cosa si intende per infortunio sul lavoro?
L’infortunio sul lavoro è un incidente che deriva da un evento violento sul lavoro.
È diverso dalla malattia professionale, in quanto la situazione che scatena l’infortunio è improvvisa e violenta, mentre nella malattia professionale le cause sono graduali e intermittenti.
Quali sono le leggi e le procedure da seguire in caso di infortunio mortale sul lavoro?
La legge italiana sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro è contenuta nel Decreto Legislativo n. 81 del 2008, noto come Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro. Questo documento, redatto dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, fornisce le norme fondamentali in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
In caso di infortunio mortale sul lavoro l’azienda deve seguire precise procedure.
L’articolo 2087 del Codice Civile impone al datore di lavoro di adottare tutte le misure necessarie per tutelare la salute dei propri dipendenti e prevenire i rischi. Il tragico evento di un infortunio sul lavoro, soprattutto quando è mortale, può essere devastante non solo per la vittima, ma anche per la sua famiglia e per gli altri colleghi.
Come supportare il gruppo di lavoro dopo un infortunio mortale sul lavoro?
E’ fondamentale offrire supporto psicologico ai colleghi che a vario titolo sono coinvolti in un infortunio, in modo che possano elaborare il trauma.
Aiutare i collaboratori a ripristinare le loro risorse psico-fisiche per ritornare ad un’esperienza di normalità, può contribuire in modo significativo al loro benessere psicologico e aumentare il senso di appartenenza, e, di conseguenza, facilitare la ripresa delle performance lavorative.
In questi casi utilizzo il protocollo Integrative Group Protocol – IGTP di Jarero e Artigas (2000) nell’adattamento di Maslovaric e Fernandez (2015) che favorisce la risoluzione del trauma attraverso 2 o 3 sessioni e funge anche da screening, per valutare la necessità di interventi individuali. Dopo una preliminare analisi del contesto e del bisogno emotivo, si procede con la concettualizzazione dell’incidente, che permette di valutare il livello di esposizione al trauma.
Viene poi somministrato una scala per misurare l’impatto dell’evento, la IES-R di Weiss & Marmar, (1996) a tutte le persone coinvolte direttamente e indirettamente. In base ai risultati ottenuti è possibile creare i gruppi che parteciperanno alle sessioni di debriefing e di elaborazione del trauma.
Alla fine del percorso viene nuovamente somministrata la IES-R per valutare l’efficacia dell’intervento.
Storia di un infortunio mortale sul lavoro
La tragedia di un incidente mortale in un’azienda è qualcosa che nessun lavoratore o familiare dovrebbe mai affrontare.
Per i lavoratori dell’azienda protagonista di cui parleremo, la tragedia ha portato non solo dolore, agitazione e confusione, ma anche un’alta pressione emotiva. L’azienda è intervenuta tempestivamente contattandomi per fornire un intervento di prevenzione terziaria.
Sono intervenuta attivando il protocollo di supporto psicologico di gruppo volto alla valutazione e al sostegno psicologico dei lavoratori coinvolti direttamente e indirettamente.
Il protocollo consente ai lavoratori di affrontare la tragedia e di ripristinare l’equilibrio psico-fisico attraverso diverse fasi:
- la concettualizzazione dell’incidente,
- la somministrazione di un test iniziale,
- l’ascolto e la condivisione dell’esperienza e delle emozioni vissute
- l’elaborazione emotiva tramite l’utilizzo del disegno come strumento preferenziale
- la somministrazione finale del test, dopo l’intervento di gestione del trauma.
Data la gravità di questo incidente e considerata la profonda sensibilità e umanità dell’Amministratore Delegato, è stata data a tutti i collaboratori la possibilità di poter partecipare a queste sessioni, in modo da offrire il miglior supporto possibile, non solo dal punto di vista concreto ma anche emotivo.
Quali sono i sintomi nella fase acuta del trauma?
Dopo un incidente mortale la sintomatologia delle persone coinvolte nell’accaduto può compromettere seriamente la salute psico-fisica delle persone, nonché la produttività e la performance lavorativa.
I sintomi esperiti possono essere diversi:
- intrusività: pensieri ricorrenti, flashback, incubi notturni, immagini associate all’evento traumatico,
- evitamento di pensieri, immagini, idee e sentimenti riguardanti l’incidente,
- iper-arousal: elevato livello di attivazione psico-fisiologica del sistema nervoso che comporta difficoltà di concentrazione, episodi di rabbia frequente, frustrazione, irritabilità e iper-vigilanza nei momenti in cui le persone vengono esposte ad episodi legati all’accaduto.
Le conseguenze nel medio e lungo periodo possono essere ancora più gravi, se non vengono affrontate, gestire e superate in tempi brevi.
Quali sono le finalità di questo protocollo per l’elaborazione di un infortunio mortale?
Il protocollo ha l’obiettivo di:
- ridurre lo stress che i lavoratori vivono a seguito dell’evento traumatico,
- attenuare l’impatto emotivo scaturito,
- consentire alle persone di riconoscere, rielaborare e integrare questa esperienza in modo funzionale,
- ritornare alla propria vita quotidiana, sia privata che professionale, con la sensazione di sentirsi di nuovo al sicuro e protetti.
Come è stato impostato il protocollo all’interno dell’azienda?
Dalla concettualizzazione dell’incidente ho suddiviso la popolazione aziendale in 3 gruppi, in base al livello di esposizione al trauma:
- 1^ livello: chi era più direttamente coinvolto nell’incidente,
- 2^ livello: tutti quelli che sono accorsi subito dopo sul luogo,
- 3^ livello: coloro che ne hanno sentito solo parlare, perché non erano presenti.
È stata data a tutti i collaboratori (interni ed esterni) la possibilità di rispondere al test di misurazione dell’impatto dell’evento. In base alle risposte ottenute, ho creato due gruppi di sostegno che avrebbero partecipato alle due sessioni di 90’ l’una: nel primo gruppo ho incluso le persone che rientrano nel 1^ e 2^ livello, nel secondo gruppo le persone del 3^ livello, che hanno sviluppato una sintomatologia clinica evidenziata dal test.
Questa suddivisione consente di evitare il rischio (cosiddetto di traumatizzazione vicaria) per le persone del 3^ livello di essere esposti a dettagli troppo crudi che potrebbero eventualmente emergere nelle sessioni.
Cosa è stato fatto nello specifico per gestire il trauma causato da questo infortunio mortale sul lavoro?
Durante le sessioni del protocollo non si attribuiscono responsabilità e/o colpe per l’incidente. Si condividono pensieri, vissuti, emozioni e sentimenti provati durante e dopo l’evento traumatico.
All’inizio delle sessioni di gruppo si stabiliscono degli accordi tra i partecipanti. Si sottolinea che esiste un dovere/diritto di riservatezza e che tutte le condivisioni rimarranno strettamente confidenziali all’interno della stanza in cui si svolge l’intervento. L’obbligo di riservatezza assicura che ciò che viene detto durante le sessioni rimanga privato e non venga divulgato all’esterno, in particolare nei casi in cui ci sono delle indagini giudiziali in atto.
Si stabiliscono anche alcune regole di relazione con gli altri partecipanti alle attività. Prima fra tutte quella di sospendere il giudizio nei confronti degli altri e soprattutto di se stessi. Significa che nessuno dei partecipanti deve sentirsi giudicato o discriminato. Sospendendo il giudizio, le persone possono raggiungere una comprensione più profonda riguardo l’evento traumatico.
Il primo incontro del protocollo di gruppo rappresenta la fase di debriefing e ha l’obiettivo di dare spazio al proprio vissuto sia dal punto di vista cognitivo-emotivo ma anche somatico e fisiologico. Si condividono le emozioni, sensazioni e pensieri riguardo l’accaduto, sottolineando che non è necessario entrare troppo nei dettagli: questa indicazione ci consente di limitare l’attivazione psico-fisiologica.
Quale impatto ha avuto questo infortunio mortale sul lavoro?
Alcune frasi dei partecipanti ci danno un’idea dell’impatto che l’incidente mortale provoca sulle persone che hanno vissuto l’accaduto e hanno visto la scena brutale:
“…immagine incredibile, impensabile, nemmeno nei film esistono delle scene del genere”
“…non sono più andato in quel punto là”
“… in quel momento mi si è spenta la mente”.
È incorniciata e appesa una fotografia al muro della stanza in cui abbiamo fatto il debriefing e molti guardano quell’immagine descrivendo quello che hanno visto: alcuni con gli occhi ancora increduli, altri sbarrati, altri ancora terrorizzati. Molte persone evitano di tornare in quell’area, per non rivivere quelle immagini, provano soggezione, anche un “sacro rispetto”.
Si attivano una serie di fantasie drammatiche e racconti sull’accaduto, cercano di spiegarsi come sia potuto succedere, cercano motivazioni senza trovarle, fino ad alterare l’interpretazione dei fatti, arrivando a ipotizzare quasi un’intenzionalità del gesto fatale.
Tra le sensazioni somatiche e fisiologiche raccontate, ne riporto alcune:
“… ho sentito scosse elettriche in tutto il corpo”,
“… ho ancora la pelle d’oca se ci penso”
“mi viene freddo”
“… faccio fatica a dormire”
“… ho l’adrenalina nel corpo”
“… sento la tremarella”
“… se vado in quel posto di notte sento terrore”
Questi sintomi, se non trattati ed elaborati, possono trasformarsi in disturbo post-traumatico da stress.
Come si gestiscono terapeuticamente questi sintomi?
Le esperienze e le reazioni che accompagnano un infortunio mortale, o comunque un evento così stressogeno, sono conosciute come reazioni da disturbo post traumatico. Possono durare da qualche giorno a qualche settimana e si possono dividere in tre categorie:
- sintomi cognitivi, come problemi di memoria, concentrazione, difficoltà a risolvere problemi, negazione come se l’evento non fosse mai successo, senso di irrealtà;
- sintomi emotivi: impotenza, ansia, depressione, irritabilità, rabbia, tristezza;
- sintomi comportamentali: chiusura, isolamento, evitamento, aggressività, cambiamento di abitudini alimentari, difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno, auto-meditazione per cercare di auto regolarsi.
Attraverso attività di psico-educazione e l’utilizzo della stimolazione bilaterale, tipica dell’approccio EMDR, si normalizzano questi vissuti: si tratta di reazioni normale ad eventi anormali. Nella maggior parte dei casi, i sintomi, si attenuano dopo questi passaggi:
“… l’immagine più disturbante non la vedo più come prima”
“… la tensione è scesa, mi sembra che migliori”
“… è come se la vedessi da lontano, ora”
“… mi sento più calmo”.
Si condividono inoltre le risorse personali che ciascuno già possiede e le strategie che ha già sperimentato nel passato come efficaci per superare situazioni particolarmente difficili.
Com’è possibile elaborare situazioni così traumatiche?
A distanza di pochi giorni dalla sessione di debriefing, nell’incontro successivo, si entra nel “cuore del lavoro” chiamato gruppo di rielaborazione, composto da 4 momenti:
- Si individua e si rafforza il posto al sicuro: un luogo o un momento nel quale la persona si sente completamente al sicuro e protetta.
2. Fase di assesment e desensibilizzazione: partendo dall’immagine più ricorrente e soverchiante, si misura il livello di disturbo che provoca, su una scala da 1 a 10 e, in 4 passaggi risolutivi, con l’utilizzo del disegno e della stimolazione bilaterale, si riesce a trasformare sia l’immagine che l’attivazione vissuta nel corpo.
L’andamento del disturbo, nei 4 passaggi di desensibilizzazione, può ridursi gradualmente o avere un andamento altalenante, ma alla fine generalmente è più basso rispetto all’inizio.
3.Fase di installazione: nella maggior parte dei casi, nella fase di desensibilizzazione, a un certo punto, arriva un pensiero positivo, una sensazione gradevole o di sollievo, un ricordo positivo. Attraverso il disegno e la stimolazione bilaterale viene rafforzata questa risorsa che è emersa naturalmente.
4. Attraverso una scansione corporea, si verifica se nel corpo si avvertono sensazioni gradevoli o disturbanti legate all’accaduto, per rafforzare le prime o desensibilizzare ulteriormente le seconde, per scaricare anche le ultime tensioni che potrebbero essere rimaste a livello fisico.
Infine, si condividono dei feedback su com’è andata, su ciò che è stato utile:
“… non sento più quell’emozioni forte, è sparita”
“… la mia mente non si ferma più su quell’immagine, non la vedo più, ora mi viene in mente quando ci siamo abbracciati”
“… è strano, ho la sensazione di aver risolto”
“…parlarne coi colleghi è stato importante”.
Come viene misurata l’efficacia dell’intervento?
A distanza di una settimana viene ri-somministrata la scala IES-R sull’impatto dell’evento e si confronta il prima e il dopo, permettendo di valutare come l’intervento di elaborazione dell’infortunio mortale sia stato effettivamente efficace ed abbia consentito ai partecipanti di ritrovare un diverso benessere.
E’ interessante notare che chi ha partecipato al protocollo ha ridotto notevolmente il quadro sintomatologico, chi invece non era neanche presente sul luogo dell’incidente e, inizialmente, non aveva evidenziato sintomi clinici alla prima somministrazione della scala, a distanza di un mese, dopo aver ascoltato i diversi racconti ed essersi relazionato con le diverse persone coinvolte a vario titolo nell’incidente, mostra un peggioramento della sintomatologia.
Il sostegno psicologico è fondamentale per ripristinare il benessere dopo un infortunio mortale sul lavoro.
L’importanza del sostegno psicologico dopo un infortunio mortale in azienda non deve essere sottovalutata.
La morte di un lavoratore può avere un impatto devastante sui colleghi che lo conoscevano personalmente, su coloro che hanno assistito alla scena o che sono venuti a conoscenza dell’accaduto.
Uno psicologo del lavoro può aiutare le persone coinvolte a gestire la propria sofferenza, in modo da poter affrontare le conseguenze emotive, comportamentali e psicologiche della tragedia.
Un intervento sull’elaborazione del trauma può aiutare i lavoratori a ricostruire e rafforzare la loro fiducia e la sicurezza nell’ambiente di lavoro, oltre a fornire loro la consulenza necessaria per affrontare le difficoltà derivanti dall’evento.
Per questo, il sostegno psicologico consente concretamente alle aziende a prendersi cura del proprio personale durante i momenti più difficili.
Uno specialista in psico-traumatologia può offrire ai collaboratori le risorse necessarie per affrontare il lutto, fornire informazioni utili su come gestire la situazione, aiutare a trovare delle strategie efficaci che possano permettere di affrontare e ritrovare l’equilibrio perso e anche favorire l’azienda a ripristinare il benessere.